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Nela: "Ho visto la morte in faccia"

Mercoledì 12 febbraio 2020
La lotta contro il tumore, il passato in giallorosso, l'esperienza in società come responsabile della Roma Femminile. Sebino Nela si racconta in una lunga intervist. Questo un estratto delle sue dichiarazioni:

La salute innanzi tutto.
«Con quello che ho passato, diciamo che sto bene. Devo fare un'altra operazione a breve. Più breve tempo possibile. Sarà la quarta. Non ce la faccio più...».

Che operazione?
«Ho il retto addominale aperto, le viscere spingono, mi esce sempre questo bozzo non bellissimo da vedere. Devo fare pulizia di un po' di schifezza e mettere una rete di protezione. Dopo di che, continuerò i miei controlli ogni sei mesi».

L'umore?
«Va e viene. Leggere o sentire ogni volta di persone che conosco che se ne vanno da un giorno all'altro mi spegne un poco».

Vialli e Mihajlovic dopo di te, il tuo stesso male.
«Mi ha turbato molto saperlo. A Sinisa mando messaggi attraverso il nostro amico comune Vincenzo Cantatore. Con Gianluca eravamo in camera insieme al mondiale di Messico '86. L'ho incontrato poche settimane fa, a Roma-Juventus. Ci siamo abbracciati. "Guarda che non si molla un cazzo", gli ho detto. "Nemmeno di un millimetro".

La tua guerra.
«Due anni e mezzo di chemio non sono uno scherzo. Ti guarisce una cosa e te ne peggiora un'altra. Ho avuto degli attacchi ischemici. Ma la pressione è a posto, prendo tre pasticche al giorno e faccio la mia vita normalissima».

Il tumore sembra cosa lontana...
«La cosa brutta di questo male è che gioisci, dici ho vinto, e poi scopri che a distanza di sei, sette, otto anni ritorna. Il cancro quando arriva non ti lascia più. Torna come realtà o come minaccia. Sta sempre lì».

Hai visto la morte in faccia.
«Ho metabolizzato questa cosa. Non so quante volte mi sono ritrovato di notte a piangere nel letto. Ci ho pensato un miliardo di volte. E sai che ti dico, se domani dovesse succedere, ‘sti cazzi...».

Come ci arrivi a questa conclusione?
«Ti parte un film di tutto quello che hai fatto, il bene e il male. Alla fine, sono soddisfatto della persona che sono. Non ho rimpianti, posso morire anche domani».
di Giancarlo Dotto
Fonte: Corriere dello Sport
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